Per lavoro accoglievo persone non vedenti all’aeroporto Kennedy e le accompagnavo a un istituto caritatevole nei pressi di Troy, New York. Era una specie di scuola dove a ogni non vedente veniva affiancato un cane guida per imparare a lavorare insieme.
#racconti
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Passò le dita sul tessuto della bandiera a rombi e strisce che indossava come un saio, gustando il brivido libidinoso che gli percorreva la colonna vertebrale. Quella era la sua vera pelle. Puntò lo sguardo gelido sulla piazza straripante, dove alto e basso, liscio e ruvido, fulgore e ombra si mischiavano: «Atanor maledetto!», sibilò fra i denti, indignato dal bollire sottostante di una soluzione emulsionata di stature, manti e colori ab antiquo differenti, che differenti dovevano tornare.
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Il paradosso dei detersivi prevede che l’ultimo detersivo immesso sul mercato pulisca e disinfetti più dei normali detersivi, categoria di cui farà però immancabilmente parte all’arrivo di un nuovo prodotto, ancora più pulente e disinfettante.
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Prima di tutto viene la paura. Ogni volta è come se qualcosa di inatteso esplodesse dentro di me, un tuono che fa vibrare tutto: l’aria, i vetri, il cuore. E io sono lì, completamente assorta nelle mie faccende: leggere, cucinare, pensare. In realtà, ormai, la maggior parte delle volte lo aspetto, perché arriva sempre più o meno alla stessa ora, più o meno. E mi spavento. È un rumore che mi terrorizza.
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Call di racconti! Tema libero, massimo 10.000 battute spazi inclusi, testi inediti, scadenza: 23.59 del 15 settembre 2020.
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di Dario Valentini
– Comporre un disco straordinario è un lavoro di precisione, come…costruire un orologio! – , esclamò Boscolo gesticolando. Cenni delle mani che nella sua testa dovevano rappresentare la fine meccanica del songwriting. – Anzi! – esplose – È come pianificare una rapina in banca! Un colpo stupefacente tipo quello di Inside Man o… Inception! – -
di Rachele Salvini
Mia madre mi ha preparato un cheesecake al cioccolato prima di tagliarsi le vene dei polsi.
L’ha lasciato sul tavolo di cucina mentre ero a lavoro. Sapeva che Emily mi aveva appena lasciato, quindi è venuta a dare un’occhiata al mio appartamento venerdì pomeriggio.
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di Michele Galardini
Un uomo spregevole, abietto, percorso da quella gioia maligna nel vedere gli altri cadere che solo un narcisismo ben allenato può fornire in quantità così copiosa. Un fiero avversario del progresso, custode ingrigito di un’ideologia che non appartiene al suo tempo i cui occhi inespressivi sono buchi nel cervello dove la luce entra e, incapace di uscirne, subito impazzisce.
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di Caterina Iofrida
A quanto pareva, aveva acconsentito. Laura allungò la mano destra verso il calice, lo sguardo fisso sull’avanzo di risotto che aveva nel piatto, e bevve un lungo sorso di vino, evitando accuratamente lo sguardo delle persone sedute al tavolo assieme a lei. Faceva caldo e, come a ogni tavolo di matrimonio che si rispetti, nessuno sembrava essere autenticamente a proprio agio. Forse per questo aveva commesso, così, subito, all’inizio della cena, un errore tanto stupido.
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di Silvia Truini
Dalla fessura illuminata sotto la porta chiusa a chiave filtravano voci estranee dai toni intenzionalmente sommessi ma minacciosi che si infiltrarono nel suo sogno e lo riportarono alla realtà, al peso delle coperte, al buio della sua stanza. Sentì sua madre soffocare un singhiozzo e si tirò il piumone sopra la testa come faceva quando era bambino dopo averne combinata qualcuna di grossa.
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di Eva Luna Mascolino
Qui in paese gli anziani raccontano una storia bizzarra. Una storia che a sentirla sembrerebbe inventata di sana pianta e che invece pare sia capitata a un signore che viveva a pochi isolati da qui.
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di Roberto Cagnoli
Il rumore sordo di sfregamento, sabbioso, poi una leggera torsione. Alcuni frammenti di intonaco sul marciapiede. Un altro rumore: asciutto, definitivo. Tutta la parete ora era a sbalzo sulla strada con i pilastri leggermente prolungati verso l’alto, come dita protese.