Oggetto editoriale non identificato

di Salvatore Cherchi

Ballardismo applicato, Simon Sellars, Nero Edizioni, 2019

di Salvatore Cherchi

La prima volta che ho avuto a che fare con Ballard è stato tramite film come Crash di David Cronenberg o L’impero del sole di Steven Spielberg.

All’epoca non sapevo nemmeno chi fosse, Ballard, ma più avanti, mentre portavo avanti i miei studi e approfondivo i miei interessi, avrei sentito riecheggiare il suo nome sempre più spesso. Sino a che, di recente, tra le proposte editoriali di un editore che seguo con piacere, Nero Edizioni, mi sono imbattuto in Ballardismo applicato, dello scrittore e studioso australiano Simon Sellars.

Il libro, pubblicato nell’ottobre del 2019 su traduzione di Luciano Funetta, mi si è presentato come un oggetto editoriale non identificato: romanzo, saggio, biografia, guida spirituale o che altro? Dopo averlo letto però, posso dire che al di là della sua natura sfuggente, si tratta di un’opera affascinante, che mi ha dato più di un buon motivo per recuperare il tempo passato a girare intorno al nome di Ballard, senza mai affrontarlo seriamente.

Ballardismo applicato è un classico esempio di “Theory Fiction”, un genere letterario, se così vogliamo, o possiamo, definirlo (il dibattito è aperto), in cui la forma romanzo diviene un mezzo per esporre tesi di respiro saggistico, discostandosi dal rigore accademico (più o meno divulgativo) che di solito queste opere richiedono, all’interno di un gioco in cui teoria e finzione si ricorrono e alternano, mescolandosi e tracimando l’una nell’altra senza soluzione di continuità.

Nel caso di Sellars poi, questo gioco assume un aspetto ancora più vertiginoso e ridondante, a tratti labirintico e allucinato, in grado di costruire una sorta di mise en abyme letteraria tra l’autore e l’oggetto del libro.

Il nucleo centrale di Ballardismo applicato è, infatti, una riflessione sull’opera di Ballard, lo scrittore britannico che ha impresso al genere fantascientifico un’impronta personale così evidente e connotata, da coniare il termine “ballardiano”, aggettivo che oggi trascende le sue stesse opere e identifica tanto una dimensione emotiva e psicologica, quanto uno spazio fisico e reale, come avremo modo di vedere nell’opera stessa di Sellars.

Se la tradizionale fantascienza degli anni Cinquanta era declinata perlopiù nella space opera e nello sguardo rivolto verso un futuro lontano, Ballard, tra gli anni Sessanta e Ottanta, ridefinisce questa convenzione focalizzando la sua poetica nel presente. Dopo i primi romanzi “post-apocalittici” (da Vento dal nulla a Foresta di cristallo) di ispirazione surrealista, il tema centrale della sua opera si orienta verso la società dei consumi. In contrapposizione alla fascinazione per l’outer space di autori come Asimov, Arthur C. Clarke o Bradbury, Ballard propone un viaggio in quello che definirà l’inner space, lo spazio interiore, che doveva essere esplorato per comprendere la schizofrenia della “società dello spettacolo”, come contribuì a definirla Guy Debord.

Da La mostra delle atrocità a Il condominio, passando per Crash, quella di Ballard diventa così una sorta di letteratura postmoderna; uno sguardo sul presente che anticipa i tratti della fantascienza distopica in voga oggi; una narrazione focalizzata a cogliere la china disumanizzante che il modello capitalista sta(va) infliggendo alla società.

Ritornando a Ballardismo applicato, il libro racconta la storia di quello che potrebbe essere un alter ego di Sellars, un ragazzo affascinato dall’opera e dalla figura di Ballard, a tal punto da voler intraprendere un dottorato di ricerca sull’autore britannico. Studio che però abbandonerà presto per autodiagnosticata incapacità intellettuale.

Il protagonista è infatti un ragazzo che cerca di dare un senso e una direzione alla sua vita, accompagnato da una stima al ribasso delle sue capacità e un’indole tendenzialmente complottista, che lo porta a combattere una estenuante battaglia interiore (l’inner space ballardiano), dando al libro un imprinting da romanzo di formazione.

Dopo il fallimento del dottorato, si trasferisce in Giappone assieme alla compagna. È qui che entra attivamente in contatto con l’universo ballardiano, dopo averne vissuto delle prime manifestazioni in Australia, a Melbourne, una città costruita a misura d’automobile, perfetta ambientazione per un romanzo come Crash.

Il protagonista inizia quindi a percepire, nella vita di tutti i giorni, dei collegamenti tra le storie di Ballard e ciò che gli capita, i posti che vede e soprattutto le persone che incontra. Queste ultime sono enigmatiche, respingenti e violente. Nascondono un doppio che esercita sul protagonista una sorta di ascendente, una morbosa attrazione che, quando non lo accompagna direttamente in una spirale autodistruttiva ed estrema, pianta in lui semi del sospetto: cosa è veramente reale e cosa è finzione?

Dal Giappone il protagonista inizia, quasi per caso, una carriera da giornalista di viaggio: gira il mondo e scrive per delle guide turistiche, prediligendo luoghi esotici segnati da qualche trauma storico o naturale, come le isole del Pacifico; o luoghi oltre i confini della civiltà, come il principato di Sealand, una micronazione fondata su una piattaforma marina artificiale, a largo della costa sud-est dell’Inghilterra; o ancora le edgeland, le interzone di confine tra urbanità e ruralità, che circondano le città. Tutti posti che, in un modo o nell’altro, richiamano i temi e la poetica ballardiana, e che lui ritiene, in un modo o nell’altro, relazionati alla sua vita.

La compenetrazione dei due universi si fa via via più intensa e sfumata e per il protagonista trovare una chiave d’accesso e connessione diventa un’ossessione, tanto da portarlo a perdere le redini della propria esistenza e a spingerlo verso la frantumazione della sua integrità mentale, dovuta al vivere in costante bilico tra un’illusoria comprensione profonda delle cose e una reale incapacità di mettere al posto giusto le tessere del mosaico.

La storia si muove dunque a metà tra diario personale e resoconto di viaggio, trovando via via gli spunti necessari per parlare dell’opera di Ballard sotto molteplici aspetti. Dai temi ballardiani (l’esplorazione dell’inconscio, la società di massa e consumo, le rovine di un mondo al collasso), ai periodi (quello fantascientifico, quello postmoderno, quello sperimentale). Dalle forme ballardiane (i romanzi, i racconti, gli articoli, le interviste, i saggi), alle fonti d’ispirazione (la Shangai occupata dai giapponesi o la Londra capitalista). Per ritrovare, infine, le su influenze in molta produzione culturale contemporanea, non solo letteraria, nonché le chiavi di lettura e interpretazione di ciò che, negli anni, ha scritto l’autore britannico.

Come detto in apertura, Ballardismo applicato è un libro che, inizialmente, ho fatto fatica a classificare. Visto il tema, e vista la poca conoscenza che avevo di Ballard, temevo di trovarmi di fronte a qualcosa di ostico e respingente, una sorta di biografia non autorizzata indirizzata ad addetti ai lavori o a una nicchia di amanti del genere, ma mi sbagliavo, di tanto.

Ballardismo applicato, tanto nei contenuti quanto nella forma, è un libro che si lascia leggere con piacere e senza difficoltà. Si fa apprezzare tanto da chi è amante di Ballard, perché troverà in Sellars un profondo conoscitore della sua opera, tanto da chi lo conosce appena, o non lo conosce affatto, perché sempre in Sellars troverà uno scrittore capace di intrattenere il lettore con una scrittura pulita e lineare, accompagnata da ricorrenti incursioni in un sadico cinismo autodistruttivo e humor nero. Ma soprattutto, una scrittura chiara nell’esporre la parte teorico-saggistica che interessa buona parte del libro.

Sellars è forse poco ispirato nelle parti descrittive e d’azione ma, in generale, queste non inficiano il godimento dell’opera, che tiene un ritmo elevato sino alla parte finale, dove il collasso e l’articolazione delle vicende raccontate richiede uno sforzo d’attenzione maggiore per capire come andrà a finire.Il libro dunque, proprio nella natura ibrida trova forza e peculiarità, ed è in grado di funzionare tanto come opera a sé stante, tanto come porta d’ingresso all’universo narrativo di uno dei più importanti autori contemporanei, attraverso uno scrittore e studioso che cerca di raccoglierne l’eredità e omaggiarlo allo stesso tempo.

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