Il femminismo è per tutti

di Alexander Onoff

bell hooks, Il femminismo è per tutti, Tamu 2021

Scrittrice, docente, attivista, divulgatrice, Gloria Jean Watkins è stata per gran parte della sua vita una delle più importanti voci del femminismo statunitense sotto lo pseudonimo di bell hooks (ispirato alla bisnonna, volutamente minuscolo perché l’importante è il contenuto e non l’enunciatore). In Italia i suoi testi sono arrivati soprattutto grazie al lavoro della traduttrice Maria Nadotti, che ha curato anche la riedizione di questo saggio fondamentale, a vent’anni dalla prima uscita, e alla capacità di visione di piccole case editrici come Tamu (editore anche della rivista di cultura araba ArabPop).

Ma, al di là di queste doverose precisazioni, il saggio non sarebbe probabilmente mai arrivato nelle mani del sottoscritto senza la pubblicazione delle Classifiche di Qualità 2021 della rivista L’indiscreto che hanno visto trionfare proprio il saggio di bell hooks nella categoria corrispondente, sorprendendo anche gli stessi redattori, non certo per la qualità dello stesso piuttosto per essere sfuggito ai radar degli operatori del settore, ma non, fortunatamente, a quelli dei grandi lettori che hanno partecipato alla votazione.

Meno intellettuale rispetto a personaggi come James Baldwin, di cui trovate tasselli visivi di pensiero in Meeting the man: James Baldwin in Paris di Terence Dixon (su Mubi) e soprattutto I’m not your negro di Raoul Peck, bell hooks è una lama che penetra nella storia recente dell’Occidente, dividendo ciò che il femminismo deve essere da ciò che lo inibisce fino a schiacciarlo. L’assunto di base è che al centro delle tante questioni emerse, a partire dalla fine degli anni ’60, ci sia un unico problema da risolvere e che esso non sia il patriarcato bensì la sostanza che lo genera: il sessismo.

“Il femminismo è un movimento che mira a mettere fine al sessismo, allo sfruttamento sessuale e all’oppressione” scriveva hooks già in Feminist theory: from margin to center  del 1984, creando una cesura tra chi immaginava un femminismo riformista di tutti, che mirava a conquiste come la parità salariale e la lotta sull’aborto legale e chi, come lei, proponeva per tutti una versione rivoluzionaria dello stesso dove a tutte queste battaglie si doveva anteporre l’unica vera impresa necessaria al fine di rendere sistematica la pratica e il pensiero femministi.

Ma la vera rivelazione, leggendo le pagine taglienti e precise del saggio, è scoprire che i mezzi attraverso cui raggiungere questo obiettivo per hooks non siano, a discapito dell’etichetta “rivoluzionaria”, la lotta senza tregua al maschio bianco e all’istituzione patriarcale bensì, alla maniera di Dante, l’amore e la conoscenza. “Senza il pensiero e la pratica femministi – scrive – ci mancano le basi per creare legami amorosi” e quindi i presupposti per una società che sappia riconoscere e difendere l’uguaglianza.

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