Werner Herzog, Il crepuscolo del mondo, Feltrinelli 2021
Poche volte Werner Herzog (per gli amici Sua Santità) ha scelto di raccontare una storia con le parole piuttosto che con le immagini. È successo nel 1978 con Sentieri nel ghiaccio (Guanda, 2008) per ripercorrere il viaggio intrapreso a piedi da Monaco a Parigi per incontrare l’amica malata Lotte Eisner; è successo di nuovo a inizio anni Duemila con La conquista dell’inutile (Mondadori, 2018) dedicato a un’altra impresa gargantuesca che porta il nome di Fitzcarraldo. La forma è sempre quella del diario, perché Herzog difficilmente staziona in un luogo o, meno che mai, davanti a una scrivania e quindi l’unico mezzo letterario che ha per estrarre idee dal caos è per necessità quello più comodo e leggero. Il crepuscolo del mondo non fa eccezione, nella forma, suddividendo il testo in capitoletti a volta brevissimi e giocando con le date e i luoghi per costruire le coordinate di lettura, ma nel contenuto compie un passo in avanti importantissimo: esclude il regista dal racconto. Il suo ruolo è quello dello scrittore, non più del protagonista, i fatti narrati non appartengono a lui ma a un altro protagonista che, nello specifico, porta il nome del tenente Hiroo Onoda, colui che rifiutò la resa del Giappone nel 1945 e continuò da solo la (sua) guerra nella giungla filippina fino al 1974.
Onoda è il più grande romantico della storia delle guerre, oppure il miglior soldato mai esistito: tiene la posizione seguendo alla lettera gli ultimi ordini impartiti prima della resa e, assieme a pochissimi commilitoni, si nasconde nelle foreste filippine fino a diventare una presenza a metà tra il sacro e il demoniaco, capace di brevi scorribande nei villaggi per saccheggiare l’indispensabile e di incredibili tattiche di mimetizzazione per sfuggire a chiunque lo cerchi. Fin qui la storia del singolo, di cui Herzog si innamora arrivando additittura a rifiutare, in modo comico e maldestro, l’invito dell’imperatore del giappone pur di poter incontrare nel 1997 “l’ultimo giapponese della giungla”.
Ciò che la sua vicenda però racconta, ai di dà dei fatti, ha i tratti di qualcosa di tremendamente attuale. Nella sua cieca adesione alla patria e alle istruzioni consegnategli, Onoda annulla se stesso e la realtà a favore dell’ideale, arrivando a considerare ogni segno del cambiamento come un tranello, messo a punto dal nemico (quale? gli USA?), per stanarlo: del giornale Notizie dal Giappone ,ritrovato in un accampamento sul Monte Cinquecento nel 1971, Onoda rifiuta di credere a una sola parola semplicemente perché le pagine sono piene di pubblicità di elettrodomestici “Nessuno comprerà mai tutta quella merce, è assolutamente impensabile. Tutte le notizie vere sono state censurate e sostituite dalla pubblicità” (pag. 86).
La sua verità contro la verità, la sua storia contro la Storia, un’enorme distorsione del reale che nasce al di fuori di lui, trovando però terreno fertile in uno spirito votato all’obbedienza: “Non potrà togliersi la vita – gli dice il maggiore prima di consegnarli la difesa dell’isola di Lubang – se verrà catturato, darà al nemico informazioni fuorvianti”. Ieri, oggi, domani.