Il campione è tornato o della bellezza delle bugie

di Caterina Iofrida

Il campione è tornato (Resurrecting the champ), J.R. Moehringer, Piemme, 2015

Se ci penso a posteriori, credo di essermi appassionata da subito a J.R. Moehringer per come sa raccontare bugie. Le bugie belle, quelle cui si vuol credere perché ci fa bene, sono una mia fissa da un po’, più o meno da quando ho scoperto che Julia di Fred Zinnemann (1977), con Jane Fonda e Vanessa Redgrave, film da me adorato fin da piccola, nasce da un capitolo del libro Pentimento in cui l’autrice, Lillian Hellman, ha mentito spudoratamente, inventandosi molte cose tra cui la morte della Julia del titolo e un ruolo edificante per sé stessa nello spionaggio antinazista. Non mi dilungo oltre su questa storia, che merita un racconto a sé, mi limito a dire che su di me la scoperta di questo inganno alla base ha avuto l’effetto di farmi amare ancora di più il film, di renderlo ancora più interessante, e al contempo non mi ha fatto smettere fino in fondo di credere alla sua versione mentre lo sto guardando, perché, semplicemente, voglio crederci. Allo stesso modo, la prima volta in cui ho incontrato la scrittura di Moehringer, con Open (Einaudi, 2011) di Andre Agassi, alla cui stesura il giornalista e scrittore ha contribuito in modo sostanziale, ho voluto credere al racconto di vita del campione del tennis, perfino nelle parti in cui ho sospettato che la sua bontà e simpatia non fossero raccontate con una sincerità totale, o forse dovrei dire che ho creduto ancora più a quelle. Anche nella storia di Agassi c’è un sostanziale voler credere, a un padre, e poi, davanti all’evidenza della sua inadeguatezza, a un suo sostituto, l’allenatore e amico. Leggendola ancora non sapevo che l’ossessione per la figura paterna è predominante nella scrittura, e nella vita, di J.R. Moehringer, come ho scoperto in seguito leggendo il suo romanzo autobiografico Il bar delle grandi speranze (Piemme, 2005), la cui lettura pare abbia convinto Agassi a sceglierlo per raccontare la sua storia. Moehringer è stato abbandonato a pochi mesi dal padre, la cui voce però poteva sentire in quanto conduttore radiofonico. Su questa voce l’autore ha, nel tempo, costruito il personaggio mitico di “The Voice”, uomo leggendario con ben poco a che vedere col suo vero padre, che ha poi incontrato di nuovo solo da adulto. Bisognoso di figure maschili come guida ed esempio, le ha trovate negli avventori del pub Dickens, situato nella baia di Manhasset, nello stato di New York, in cui è cresciuto, famosa pure come ambientazione de Il grande Gatsby. Al fatidico incontro col padre, se da un lato si è reso conto benissimo di trovarsi davanti un impostore, dall’altro lo scrittore racconta di aver voluto credere al suo personaggio, di aver voluto cedere al suo fascino, perché di questa mitica figura di padre, di The Voice, aveva ancora bisogno.

Venendo a Il campione è tornato, pubblicato in Italia solo nel 2015, si tratta di un lungo pezzo del Los Angeles Times del 1997, che se interessa trovate qua in originale. Partendo dall’informazione avuta per caso che un senzatetto che dormiva nel parco di Santa Ana, in California, era probabilmente un ex campione di boxe degli anni ’40-’50 poi sparito nel nulla, Bob Satterfield, Moehringer ha deciso di approfondire la faccenda. Fin dal primo incontro con Campione – è con questo nome che il giornalista si riferisce al senzatetto – si sente la simpatia dell’autore e il suo desiderio di credergli. Nasce tra i due un’amicizia che verrà poi incrinata – ma è davvero così? – prima dalla notizia di alcuni crimini da lui commessi e in seguito dalla scoperta che Campione non è, in effetti, Bob Satterfield. Assieme alla delusione, si percepisce nettamente che il dubbio in realtà l’autore lo ha sempre avuto, nonostante l’eccezionale preparazione di Campione sugli incontri e sui dettagli della vita di Satterfield, e che proprio per questo non si è arreso e ha voluto andare più a fondo, fino a scoprire la verità. Come Moehringer stesso afferma nelle prime pagine, Satterfield è stato per lui una sorta di Moby Dick, una personale ossessione, come del resto lo è stato suo padre, The Voice, cui fa riferimento anche qua. Il campione è tornato è un’altra storia di una bugia che si ha bisogno di smascherare, per farci pace e per poter poi continuare – pur in modo diverso, amaro e consapevole – a crederci.

[Immagine di copertina: una foto di Campione, alias Tommy Harrison, tratta da The Orange County Register.]

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