Beati gli inquieti

di Luca Giommoni

Beati gli inquieti, Stefano Redaelli, Neo Edizioni, 2021

Antonio, scrittore, vuole raccontare la follia e per farlo decide di abitarla. In accordo con la direttrice della struttura psichiatrica La casa delle farfalle, si finge un paziente per osservare da vicino il campionario umano nascosto dietro quelle quattro mura.
Questo è l’incipit di Beati gli inquieti, di Stefano Redaelli, pubblicato da Neo Edizioni, l’output è uno di quei romanzi che vorresti non finisse mai, è una lunga carezza folle e meravigliosa.
Raccontare la follia non è un’impresa facile ma Redaelli, con grazia e delicatezza, dà voce a un’umanità dimenticata, nascosta, dove anche l’eco del grido più violento arriva come un bisbiglio di vita, testimone di tutta una serie di esistenze che ci sono ma non si vedono.
Per entrare in certi universi non serve una porta ma una finestra da scavalcare e la voglia di farlo; è proprio questo che Redaelli chiede al lettore: abbandonare la comoda condizione di spettatore, arrampicarsi sullo scomodo confine di ciò che reputiamo sano e ciò che consideriamo folle e introdursi in nuove prospettive.
Siamo di fronte a uno di quei libri che dovrebbe essere studiato nelle scuole, ma non solo, anche nei bar, nelle chiese, nei saloni di bellezza, negli stabilimenti balneari, nei parchi, nelle residenze artistiche, nei centri commerciali, nelle sale giochi, nei consigli comunali, nei campi da calcio, nei fast food, negli autogrill, nelle discoteche. Siamo di fronte a un libro necessario.

Beati gli inquieti è un mondo che ne contiene tanti altri e tutti colorati con diverse gradazioni di follia. C’è il mondo duro, argilloso, viziato dal lavoro e dai calli, di Carlo. C’è quello fatto di libri e pensieri delicati di Simone. C’è il mondo di geometrie innocenti di Marta. C’è quello vacillante di Cecilia, sorretto dalla poesia sopra al bipolarismo emotivo che la scrittura, come la vita, richiede. C’è il mondo al di là del visibile di Angelo, pieno di filosofia e complotti, sotto controllo della CIA, un mondo pronto a garantire rimedi per qualsiasi malattia, anche per la sanità, o la follia.

Italo Calvino scriveva: “ […] lo sforzo di cercare di pensare e d’esprimersi con la massima precisione possibile proprio di fronte alle cose più complesse è l’unico atteggiamento onesto e utile”. Beati gli inquieti è uno sforzo riuscito, onesto e utile, e la precisione di Redaelli è la massima possibile e si poggia su costellazioni tracciate con un dito, elenchi puntati, profondità destrutturate, rimandi filosofici e teologici, coordinate irraggiungibili, deserti confezionati, triangoli di nei.

[Immagine di copertina: Cigni che rifletto-no elefanti, Salvador Dalí, 1937]

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